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Trento, 26 giugno 2009
I Verdi cambino rotta o rischiano di sparire
di Marco Boato
da l’Adige di venerdì 26 giugno 2009

Per la seconda volta nel giro di un anno mi sono trovato, esclusivamente per lealtà politica, a fare una campagna elettorale per i Verdi in riferimento a due scelte politiche che non ho condiviso.

L’anno scorso per la «Sinistra Arcobaleno», in occasione delle elezioni politiche, e quest’anno per «Sinistra e Libertà» alle elezioni europee.

Prima delle elezioni parlamentari del 2008, quando anche i Verdi furono spazzati via dal Parlamento italiano, dove erano stati presenti fin dal 1987, avevo affermato: «Io sono nei Verdi fin dall’inizio, con Alex Langer, e penso che non sia immaginabile che un lavoro fatto per un quarto di secolo, anche in Europa, di costruzione di questo soggetto politico possa essere liquidato per un fenomeno di insipienza politica e di incapacità di direzione politica, che purtroppo ormai è sotto gli occhi di tutti».

Detto questo, prima delle elezioni del 2008, ero intervenuto nel Consiglio federale nazionale dei Verdi l’11 maggio 2008 a Roma ed ho successivamente stampato e diffuso il mio discorso, intitolandolo: «I Verdi hanno ancora un futuro in Italia?». Questa domanda drammatica ritorna oggi, dopo le elezioni europee e quelle amministrative, con una attualità sconvolgente.

Perché queste mie faticose riflessioni non sembrino il frutto amaro del «senno del poi» (di cui sono piene le fosse), riporto qui una tra le tante argomentazioni di quell’intervento dell’11 maggio 2008: «Dunque, o i Verdi cambiano radicalmente rotta e gruppo dirigente, metodo di direzione politica e rapporto con la società e le istituzioni a tutti i livelli, in un’ottica autenticamente federalista oppure sono destinati rapidamente a scomparire».

Qualcuno mi considerò allora come una sorta di «profeta di sventura», ma io stesso non avrei immaginato fino a che punto quella terribile previsione si sarebbe puntualmente verificata. Avevo ammonito che i Verdi, senza una svolta profonda, sarebbero arrivati rapidamente al capolinea.

La svolta profonda, che era la pre-condizione per un possibile recupero della «ragione sociale» di un progetto ecologista coraggioso, aperto, plurale, lungimirante, non c’è stata. La scelta di una alleanza elettorale che ha nuovamente ricompreso i Verdi nell’alveo consunto della «Sinistra» si è dimostrata altrettanto perdente. Le ragioni di un progetto ecologista sono letteralmente scomparse nell’immagine nazionale della «Sinistra di Vendola e Fava» (ottime persone, del resto, ma che nessuno ha mai deciso di nominare nostri leader…), così identificata non solo prima, ma anche nei commenti successivi alle elezioni. I Verdi, per la seconda volta nel giro di un anno, sono politicamente scomparsi.

Era necessario «un nuovo inizio». Siamo invece precipitati in una nuova catastrofe, siamo stati travolti da un altro tsunami, purtroppo facilmente prevedibile.

È vero che c’è una forte ondata di destra (politica e culturale) in Italia e in Europa. Ma in molti paesi europei sono stati proprio i Verdi ad affermare una proposta politica e una identità culturale alternativa, facendo passare il Gruppo verde al Parlamento di Strasburgo da 43 (tra cui due italiani) a 53 eurodeputati (senza alcun italiano), affermandosi come quarta forza politica a livello europeo. E non è più solo l’Europa centro-settentrionale a vedere l’affermazione storica dei Verdi, ma anche paesi che, come l’Italia, appartengono all’Europa mediterranea.

Nessuno poteva pensare di poter ripetere in Italia gli straordinari risultati di Dany Cohn-Bendit in Francia, ma c’era un messaggio esplicito in quella iniziativa. Non una alleanza «di sinistra», ma la proposta aperta di «Europe écologie». Dunque nel simbolo e nel programma sia l’Europa (di fronte alla «nazionalizzazione» di tutte le campagne elettorali) sia l’Ecologia, duplice punto di riferimento non per «andare da soli», ma per costruire una alleanza davvero innovativa.

I Verdi sono un movimento politico nato proprio per superare le vecchie ideologie politiche e invece per la seconda volta si sono ritrovati in Italia assorbiti e sostanzialmente annichiliti in una delle tante e stanche riedizioni della «Sinistra».

Per qualche mese, dopo la fallimentare esperienza della «Sinistra Arcobaleno» c’è stato chi ha tentato di mantenerla in vita con la respirazione artificiale. Ora, spazzati via anche dal Parlamento europeo oltre che dal Parlamento nazionale, c’è chi ha il coraggio di considerare soddisfacente il risultato del 3,1%. Tutto il mio rispetto per chi pensa di proseguire su questa strada, perché si tratta di persone rispettabili con oneste convinzioni. Ma con tutto questo i Verdi non hanno nulla a che fare.

Un anno fa avevo proposto ai Verdi «un nuovo inizio», non per chiudersi in se stessi, ma per recuperare identità culturale, aperta e plurale, e autonomia politica, capace di confrontarsi con gli altri soggetti politici, grandi o piccoli che fossero. Ma se si cancella l’identità culturale e si distrugge l’autonomia politica, il progetto ecologista è destinato a scomparire.

In fondo, anche negli anni ’80 questo progetto è nato ed è partito da zero, facendo tesoro dei nuovi movimenti che avevano cominciato ad esprimersi nella società dopo il crollo delle ideologie totalizzanti. Ora, per insipienza politica e debolezza culturale, siamo ritornati quasi al punto di partenza, quasi dovunque (ma in Alto Adige i candidati verdi, riaffermando in ogni occasione la loro identità verde, hanno ottenuto il 10,9%!).

Ripeto la domanda: «I Verdi hanno ancora un futuro in Italia?». Ripeto la risposta, oggi assai più problematica e difficile di ieri, dopo un anno perso nella coazione a ripetere: «Un nuovo inizio»… Davvero, «errare humanum est, perseverare diabolicum». Bisogna crederci, bisogna volerlo, prima che sia troppo tardi. O è già troppo tardi?

Marco Boato
Già parlamentare dell’Ulivo e dei Verdi

 

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